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Inviato il: Lunedì, 21-Mag-2007, 12:19
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Non è necessario far esplodere il meteorite che minaccia la Terra
Astronauta su asteroide? Missione possibile Per evitare che ci colpisca, basta deviare la sua la sua orbita anche di poco. Lo ha dimostrato la sonda Deep Space Una missione impossibile o invece facilmente realizzabile quella allo studio alla Nasa? Decisamente affrontabile sul piano tecnologico per diverse ragioni. Innanzitutto perché al contrario di quanto il film «Armageddon» suggeriva non è necessario far esplodere l’asteroide che minaccia la Terra. Per evitare che eventualmente ci cada addossa basta deviare la sua orbita anche di poco e così volerà via lasciandoci indisturbati. Lo ha dimostrato il test effettuato dalla sonda Deep Space che ha colpito la cometa Tempel 1 nel luglio 2005 con un proiettile di circa un metro ma che è bastato per deviare la sua corsa. Per fare questo basta sbarcare sull’oggetto cosmico un sistema in grado di generare una spinta tutto sommato contenuta dopo essersi ben ancorato al suolo. Arrivare sull’asteroide non è difficile perché, data la sua piccola massa rispetto a un pianeta, le operazioni di frenata (cioè la decelerazione da imporre) non richiedono una grande energia. Il sistema sbarcato potrebbe mettere in funzione un razzo che con la sua spinta sposta letteralmente nello spazio l’asteroide stesso. Oppure si ipotizza che lo strumento scavi del materiale in superficie che espelle nel cosmo generando in questo modo una spinta. Oppure sistemi ancora più semplici in grado di raccogliere la radiazione solare la quale riscaldando la superficie provoca la generazione di gas che con la loro spinta alterano la direzione di viaggio. Naturalmente tutto ciò può essere effettuato in maniera automatica data la sofisticazione dei mezzi robotizzati oggi disponibili. Con questa filosofia l’agenzia spaziale Esa sta progettando la missione «Don Chisciotte». Ma la Nasa preferisce prevedere l’invio di un astronauta che può facilitare il compito e soprattutto garantire la buona riuscita dell’operazione nel caso in cui qualche meccanismo si inceppasse. E qui Armageddon insegna. Il rischio per l’uomo sarebbe minimo e la parte più difficile sarebbe semmai la lunghezza della missione più che lo sbarco in sé. Per arrivare all’asteoride Apophis, finora indicato perché sembra minacciare la Terra nel 2036, la Nasa farebbe ricorso all’astronave Orion ora in corso di costruzione per tornare sulla Luna e poi volare su Marte. Per lo sbarco naturalmente si utilizzerebbero le stesse tecnologie allo studio sempre per il nostro satellite naturale. Dunque una missione possibile che potrebbe collocarsi nel tempo tra il ritorno sulla Luna e l’arrivo sul Pianeta Rosso mantenendo acceso lo spirito di esplorazione umana dello spazio tra le due grandi mete già stabilite. Giovanni Caprara 18 novembre 2006 fonte:
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Inviato il: Giovedì, 23-Ago-2007, 13:51
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6/8/2007 - PERSONAGGIO
Il cacciatore di asteroidi Astronauta di Apollo 9, adesso la sua missione è salvare la Terra dalla caduta dei corpi celesti FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK È passato alla storia come protagonista della missione lunare Apollo 9, ma nel caso di impatto di un asteroide sulla terra, Rusty Schweickart potrebbe essere ricordato come la cassandra ignorata dagli scienziati di tutto il mondo. Il 71enne ex astronauta da anni mette in guardia la comunità internazionale sui rischi di collisione di asteroidi sul Pianeta, eventi di portata enorme per i danni catastrofici e la morte di milioni di persone che causerebbero. Nel 2001 crea la B612 Foundation (dal nome dell’asteroide descritto nel Piccolo principe) con l’impegno di mettere in guardia il mondo da un pericolo, a suo dire, tutt’altro che lontano. L’organizzazione chiede alle agenzie spaziali di localizzare l’esatta posizione dei corpi gravitanti in prossimità della Terra, capire quali siano le probabilità di impatto per ognuno, e modulare piani di prevenzione in caso di necessità. Gli appelli cadono puntualmente nel vuoto e le risposte degli enti di tutto il mondo, Nasa in testa, sono pressoché nulle. «È una cosa che non mi fa dormire la notte - spiega Schweickart - non perché temo per il futuro della Terra, ma perché studio continuamente e cerco soluzioni». Il suo interesse per gli asteroidi nasce dall’antica passione per la biologia spaziale, la scienza che studia l’origine e le forme di vita dell’universo. «L’evoluzione delle specie che abitano la Terra evidenzia numerosi episodi determinati dall’impatto di asteroidi - prosegue - La scomparsa dei dinosauri avvenuta 65 milioni di anni fa è solo l’esempio più recente. Ma ci sono stati eventi di portata e impatto più lieve avvenuti prima e dopo». Secondo lo studioso si tratta di casi molto frequenti ma anche prevedibili, per i quali l’uomo può e deve essere preparato. Schweickart è uno dei primi nel 2004 a lanciare l’allarme per il 9942 Apophis, l’asteroide che avrebbe potuto scontrarsi con la terra nel 2029 e nel 2036. Il pericolo rientra poco dopo, ma anche in quell’occasione la risposta delle agenzie spaziali è irrilevante. «L’Aphophis è stata una grande opportunità per capire a che genere di pericolo siamo esposti, perché di casi come quello ce ne sono molti - spiega ancora lo scienziato - Oggi le possibilità di impatto sono una su 45 mila, ma è incoraggiante il fatto che ci sia ancora una borsa di studio di 50 mila dollari offerta dalla Planetary Society per il piano di prevenzione migliore». La filosofia è dedicare più risorse possibili allo studio, non solo finanziamenti ma anche esperti e scienziati e chiunque sia in grado di contribuire a ogni livello, perché anche le «implicazioni legali e politiche sono tra le sfide più complicate». Fino a oggi la risposta è stata però molto contenuta, e Schweickart non esita a muovere accuse di immobilismo alla Nasa. Il Congresso americano ha chiesto all’agenzia di individuare entro il 2020 il 90 per cento dei corpi di oltre 140 metri in orbita vicino alla Terra. Ma la legge approvata dal Congresso e siglata da Bush nel 2005 non ha avuto seguito: «La Nasa non sta facendo ciò che le è stato chiesto», incalza lo scienziato, convinto che ci si debba rivolgere altrove. «Stiamo lavorando con l’Agenzia spaziale europea, loro hanno un programma chiamato Don Chisciotte che prevede l’impiego di due navette: la Sancho che va in orbita e si allinea in prossimità dell’asteroide fotografandola mentre un secondo vettore, l’Hidalgo, si schianta su di esso». Il programma è stato momentaneamente accantonato ma secondo Schweickart, può essere ripreso in tempi rapidi e con opportuni finanziamenti, completato entro il 2015. «Il problema è che noi di B612 siamo gli unici che stanno promuovendo con vigore l’iniziativa». A chi sostiene che problemi più immediati come l’effetto serra non consentono di destinare fondi per la caccia agli asteroidi, risponde: «Se camminando per strada rischio di essere investito da un autobus o colpito da un fulmine, non mi preoccupo solo dell’autobus. Non pretendo che tutti i soldi siano spesi per questi programmi e nulla vada all’effetto serra, anche perché non servono miliardi di dollari». Le operazioni di ricerca alla Nasa costerebbero per questo tipo di studi appena l’1 per cento del suo budget, e nel caso fosse necessario deviare un asteroide sarebbe un imperativo investire fondi ben più consistenti. Ignorare il problema è, secondo Schweickart, una grave negligenza, anche perché si tratta di fenomeni facilmente prevedibili per i quali è possibile individuare con una certa accuratezza tempi e modi di un eventuale impatto. «È diverso dagli uragani: una volta localizzata la perturbazione, passano solo alcune ore o al massimo qualche giorno prima del suo arrivo, e l’unica cosa che si può fare è contenere i danni o evacuare le zone a rischio», conclude l’eroe di Apollo 9, che ricorda come nel caso di impatto di un asteroide le conseguenze sarebbero 10 mila volte superiori, ad esempio, a quelle di Katrina. Tuttavia, ripete, «si tratta di catastrofi ampiamente prevedibili che possono essere evitate grazie alle conoscenze e le capacità tecniche di cui la scienza dispone. Non muoversi significherebbe non voler sopravvivere, e l’uomo farebbe la fine dei dinosauri». Rusty Schweickart Nato il 25 ottobre 1935 a Neptune nel New Jersey è l’ex-astronauta che partecipò alla missione di Apollo 9 come pilota del modulo lunare. Nel 2001 ha creato la B612 Foundation. Fonte:
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