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Guest_marco |
Inviato il: Mercoledì, 17-Gen-2007, 15:59
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“Esiste un’alternativa agli inceneritori? Sì, i sistemi meccanico biologici”
Il professor Federico Valerio, direttore del Dipartimento di Chimica Ambientale dell'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, spiega perchè sulla questione rifiuti la miglior tecnica per il residuo non riciclabile sia il Trattamento Meccanico Biologico "a freddo" cioè senza combustione. ReggioNelWeb.it n. 186 del 12/09/2006 Molti lettori hanno inviato mail in redazione chiedendo di approfondire ulteriormente il tema della gestione rifiuti e dell’alternativa agli inceneritori. Abbiamo pubblicato precedentemente le diverse posizioni di politici e amministratori locali sul tema. In questo numero ospitiamo l’opinione dell’esperto, il professor Federico Valerio direttore del Dipartimento di Chimica Ambientale dell'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova che ampliamente e dettagliatamente spiega le ragioni a favore di un metodo alternativo agli inceneritori (chiamati in Italia anche “termovalorizzatori”). Il professori Soyez K. e Plickert S., dell’Università di Potsdam (Germania), sembrano non aver dubbi: i trattamenti Meccanico Biologici (MBT) sono tecnologie alternative all’incenerimento dei rifiuti. Questo è quanto affermato nel loro articolo, pubblicato nel 2003, sullo stato dell’arte dei sistemi di pretrattamento meccanico-biologici e sulle potenzialità dei trattamenti biologici dei rifiuti. E i numeri sembrano dare loro ragione. Il Ministero dell’ambiente tedesco riporta che nel 2005, in Germania, erano operativi 64 impianti MBT con una capacità complessiva di trattamento pari a 6,1 milioni di tonnellate all’anno . Per fare un confronto, la stessa fonte riporta che in Germania, nello stesso anno, erano operativi 73 inceneritori, con una capacità complessiva di 17,8 milioni di tonnellate. Quindi, se è vero che attualmente la Germania incenerisce più rifiuti di quanti ne bio-stabilizza con sistemi MBT, è anche vero che nel 2001 gli impianti MBT operanti in Germania erano solo 2, con una capacità di trattamento di 1 milione di tonnellate. Il crescente interesse sui sistemi MBT si coglie anche dal crescente numero di pubblicazioni tecniche e scientifiche su questo argomento. Ad esempio, la società di consulenza britannica Juniper ha effettuato un approfondito studio sugli impianti MBT operativi nel mondo e nel 2005 individuava, a livello mondiale, 27 aziende impegnate nella realizzazione di impianti MBT. I paesi di appartenenza di queste aziende sono i più vari: Spagna, Turchia, Australia, Israele, Germania, Olanda, Canada, Italia. Queste 27 aziende, al momento dello studio, avevano realizzato 80 impianti MBT, con una potenzialità complessiva di 8,5 milioni di tonnellate/anno e nei loro programmi c’erano altri 43 impianti da realizzare entro il 2006 che porteranno la capacità di trattamento rifiuti, con i loro 143 impianti MBT, a 13 milioni di tonnellate. Per dare una dimensione a questo fenomeno citiamo la stessa Juniper che nel 2000, censiva in Europa 269 inceneritori con una capacità di trattamento di 47,3 milioni di tonnellate. Il crescente interesse per i sistemi di trattamento meccanico biologico dei rifiuti, che sta coinvolgendo anche Inghilterra, Stati Uniti, Cina, deriva dall’alta flessibilità di questi impianti, dai tempi di realizzazione estremamente brevi (18-24 mesi), dai costi di investimento e gestione assolutamente competitivi, rispetto alla "termovalorizzazione ................................... Omissis ....................... ...................................... Federico Valerio Direttore dl Dipartimento di Chimica Ambientale dell'istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro-Genova Per l'intero articolo:
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Guest_marco |
Inviato il: Mercoledì, 17-Gen-2007, 16:49
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PASSATO E FUTURO DEGLI INCENERITORI.
di Federico Valerio, Medici per l’Ambiente Genova Chi sostiene che gli inceneritori siano la risposta più diffusa nei paesi moderni, per risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti urbani, dovrebbe conoscere e meditare sull’esperienza degli Stati Uniti. Anche nel campo dell’incenerimento dei rifiuti gli Stati Uniti sono stati dei precursori, come in molti altri settori. Già alla fine degli anni ‘30, circa 70 città americane utilizzavano impianti di incenerimento. Dopo la seconda guerra mondiale, l’uso di inceneritori aumentò, con la tendenza a realizzare impianti di maggiore capacità, tuttavia le tecnologie utilizzate, pur adeguate ai tempi, ponevano scarsa attenzione all’efficienza della combustione e alla riduzione dell' emissioni inquinanti. Alla fine degli anni ‘70, gli inceneritori statunitensi adottavano sistemi "moderni" per l’abbattimento degli inquinanti (precipitatori elettrostatici, filtri a maniche) ma, contemporaneamente, studi più attenti dimostravano come le ceneri emesse da questi impianti contenessero quantità rilevanti di metalli tossici (piombo, cadmio, mercurio). Fu così necessario introdurre più efficienti impianti di abbattimento che, alzando i costi, rendevano meno vantaggioso, dal punto di visto economico, la costruzione di nuovi impianti. Questa situazione fu la causa di una progressiva chiusura di questo tipo di impianti: nel 1965 , negli Stati Uniti, erano operanti 289 inceneritori; circa dieci anni dopo , nel 1974, si potevano contare solo 114 impianti (1). Nei quindici anni successivi la situazione non dava segni di miglioramento. Infatti, nel 1990, risultavano in funzione 140 inceneritori, con una capacità di incenerimento di 92.000 tonnellate di rifiuti al giorno. Tuttavia, tra il 1982 e il 1990, 248 progetti di inceneritori (con una capacità complessiva di trattamento pari a114.000 tonnellate al giorno) erano cancellati. E, se nel 1990 l'EPA prevedeva che nel 2000 gli Stati Uniti avrebbero incenerito il 26 % dei loro rifiuti, nel 1992 la stessa Agenzia abbassava la stima al 21 %. Nei fatti, il mercato degli inceneritori statunitensi mostrava andamenti anche peggiori delle previsioni; infatti, nel 1997, le statistiche verificavano che gli inceneritori avevano trattato solo il 16 % dei rifiuti prodotti in questo paese, a fronte del 35 % di rifiuti avviati al riciclaggio, tecnica di smaltimento in forte e costante crescita, come confermano i più aggiornati obiettivi fissati da numerosi stati federali: riciclare il 50% dei propri materiali post consumo, entro il 2000 (http://www.epa.gov/epaoswer/non-hw/muncpl/factbook/). ..................................... Omissis ......................... ...................................... E' significativo che nello stesso anno, a Sydney, il trattamento dei rifiuti prodotti dal grande villaggio costruito per i giochi olimpici si é basato solo su raccolta differenziata, riciclaggio e compostaggio, effettuati in un apposito centro di trattamento realizzato ai margini del Parco Olimpico, un mirabile esempio di cittadella dello sport realizzata seguendo le nuove regole della sostenibilità e del basso impatto ambientale. Insomma, nonostante i numerosi ed agguerriti padrini nostrani, tutto fa prevedere che gli inceneritori non abbiano futuro Per l'intero articolo:
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