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> CARLO RUBBIA E L'AMBIENTE, conosciamo meglio Carlo Rubbia
Guest_marco
Inviato il: Mercoledì, 10-Gen-2007, 16:21
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Viaggi interplanetari: presto l’uomo su Marte?
Marco Mulas

La NASA studia da più di 30 anni possibili scenari di missioni che portino l'uomo su Marte. Tra le maggiori problematiche associate ad una missione umana su Marte ci sono la durata della missione, con la conseguente esposizione degli astronauti ai raggi cosmici, e un propulsore che sia capace di rilasciare le necessaria energia per il compimento del viaggio.

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omissis......
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Il motore 242, ideato da Carlo Rubbia, rende per la prima volta possibile il sogno dell'uomo su Marte. Si tratta, cioè, di un tipo di motore che potrà divenire lo strumento ideale per le missioni maggiormente impegnative verso altri pianeti del sistema solare, verso la Luna o anche per applicazioni di sollevamento dalla Stazione Spaziale Internazionale all'orbita Geostazionaria a circa 36000 Km di altezza, per il posizionamento e/o il recupero dei satelliti.

Lo schema concettuale di funzionamento del motore può essere immaginato come cavità, delimitata da materiale diffusore, nella quale i neutroni rimangono intrappolati. Nella parete interna è spalmato un sottile strato di Americio (l'isotopo 242mAm), la cui reazione nucleare, mantenuta dal flusso dei neutroni, genera dei frammenti con una formidabile energia cinetica. I frammenti della reazione di fissione trasferiscono la loro energia ad un flusso di idrogeno che fuoriesce dalle stesse pareti spalmate di Americio, e il cui processo di riscaldamento permette di avere un cuore centrale molto caldo conservando la parete a temperature del tutto ragionevoli.

Grazie all'uso di questo nuovo motore, l'equipaggio riuscirebbe a compiere una missione Terra-Marte-Terra della durata di un anno, con una permanenza al suolo marziano di circa un mese. Molto poco se paragonato ai due anni e mezzo necessari con propulsori tradizionali.

contunua..............
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Guest_marco
Inviato il: Mercoledì, 10-Gen-2007, 17:02
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La ricerca umiliata all'Enea
di CARLO RUBBIA


UN MALE oscuro di abbagliante chiarezza sta precipitando l'Enea in un profondo dramma gestionale e progettuale. La crisi è così grave che, come presidente, non posso più tacere, per il bene della ricerca e dell'Italia. Gli attuali organi istituzionali dell'Enea si sono insediati all'inizio del 2004, dopo un lungo periodo di commissariamento.

Con la nuova legge si è voluto che il presidente dell'ente avesse un profilo di altissimo livello scientifico internazionale. È però accaduto che il consiglio di amministrazione non venisse individuato dal governo con analogo criterio, ossia privilegiando quello di eccellenza delle conoscenze e esperienze acquisite nel campo delle attività tecnico- scientifiche. Avrei, forse, dovuto cogliere subito questo handicap di partenza e riflettere su quanto era, a quel punto, lecito e possibile attendersi da me. Senonché è prevalso sulle perplessità il mio forte desiderio di dare ciò che potevo al mio Paese, sostenendo costruttivamente l'Enea. È stato un errore. Un errore al quale si sarebbe potuto porre rimedio con adeguata sensibilità politica. Sensibilità che non c'è stata.

La verità è che presidente e consiglieri di amministrazione parlano due lingue totalmente diverse. La carenza di sapere scientifico dei consiglieri, ha provocato un ulteriore deleterio effetto: il loro testardo compattamento in stile branco (con tutto il rispetto per le persone, ma il termine rende meglio l'idea), espressione di una mediocre difesa. Si è spesso detto dell'esistenza di scontri tra me e il cda: in realtà non ci può essere "scontro" tra un gruppo compattato di sette consiglieri di esplicita nomina ministeriale da una parte e uno scienziato senza connotazione politica dall'altra.

Uno scienziato-presidente messo continuamente e sistematicamente in minoranza. Tale surreale condizione è frustrante, deleteria. I consiglieri hanno addirittura preteso di sostituirsi al presidente nel proporre il direttore generale. Ossia, rivendicando non solo il diritto (sacrosanto) di nominare il direttore generale, ma anche quello di proporlo a se stessi. Si è giunti al punto di chiedermi, avendo io presentato una rosa di cinque nominativi, di proporne invece una rosa di sei, indicandomi ovviamente anche quale dovesse essere il sesto nome: quello che già avevano deciso dovesse occupare la carica di direttore generale. Essendomi rifiutato di scadere nella burla, il Consiglio si è appropriato della "rosa", con un solo e unico predestinato petalo.

Mi sono allora rivolto al Tar e il tribunale mi ha dato ragione: la nomina era irregolare ed è stata annullata. Il paradosso è che la mia istanza al Tar avrebbe assunto connotati di un atto "sovversivo", agli occhi dei consiglieri soccombenti nel giudizio. E ancora più sovversiva è ora ritenuta la mia richiesta che venga rispettata quella sentenza.

Mentre infuria questo tipo di "altissima gestione", l'istituto di ricerca è paralizzato. Il Consiglio ha infatti sistematicamente "ripulito" i maggiori programmi strategici innovativi di alto livello che erano la parte principale delle scelte strategiche mie e del precedente piano triennale. Mi riferisco soprattutto al progetto europeo per il bruciamento delle scorie radioattive, programma nel quale l'Italia aveva assunto una posizione di assoluta leadership mondiale: la bocciatura votata dal cda dell'Enea ci ha fatto perdere un finanziamento comunitario di 5 milioni e mezzo di euro, fondi che pochi giorni fa sono stati dirottati a un laboratorio di ricerca americano.

Tutta una serie di altre iniziative "storiche" hanno subito una politica finalizzata a destabilizzare il corpus delle competenze (e in alcuni casi del primato) scientifiche dell'Ente. Mi limito a citare il progetto Antartide, per molti anni uno dei più prestigiosi progetti internazionali di esplorazione del Polo Sud, che è stato sottratto all'Enea e trasformato in un consorzio di svariati enti azionisti; le attività di ricerca nel campo della fenomenologia ambientale, che sono state tolte all'Enea con la costituzione di un consorzio chiamato "Centro Euro-Mediterraneo" sotto la direzione di un microscopico gruppo di persone. Entrambe le attività si trovano oggi in una situazione altamente critica, vicino al collasso le prime, apparentemente bloccate le seconde.

Ho ormai ampiamente constatato tutto ciò, e cioè che una convivenza civile in seno al Consiglio è divenuta una impresa difficile, in quanto ogni mia azione concreta in favore dell'ente - direi ogni mio tentativo di lavorare - viene osteggiata a priori. Ho sempre avuto molto rispetto per i ruoli istituzionali, ho atteso e ancora attendo un significativo interesse per il futuro del più grande e prestigioso ente di ricerca applicata in Italia, per la sua vocazione, per il ruolo internazionale, per l'avvenire della ricerca, per gli oltre suoi tremila dipendenti che lavorano seriamente e il cui valore non viene difeso da nessuno.

Il silenzio comincia però a pesarmi, perché nel vuoto del silenzio, trovano spazio le maldicenze, le critiche ingiuste, le censure infondate. Non ho mai sopportato questo stato di cose e mi avvilisce constatare che al primato della scienza si sostituisca lo spicciolo tornaconto quotidiano. Non posso quindi più stare in paziente silenzio. È una questione di dignità e di rispetto. Per me e per tutti.

L'autore è presidente Enea
e premio Nobel per la Fisica

(15 luglio 2005)

fonte:
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