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Pianeta Paradiso > NANOPARTICELLE: POLVERI SOTTILI > INCENERITORI E NANOPATOLOGIE


Inviato da: Marco il Giovedì, 11-Gen-2007, 14:23
Mercoledì 10 maggio 2006
ARPAT news
RIFIUTI - SALUTE
INCENERITORI E
NANOPATOLOGIE


di Stefano Montanari

“Ormai non esiste più alcun dubbio a livello scientifico: le micro - e nanoparticelle, comunque prodotte, una volta che siano riuscite a penetrare nell’organismo innescano tutta una serie di reazioni che possono tramutarsi in malattie.
Le nanopatologie, appunto. Se è vero che le manifestazioni patologiche più comuni sono forme tumorali, è altrettanto vero che malformazioni fetali, malattie infiammatorie, allergiche e perfino neurologiche sono tutt’altro che rare. A prova di questo, basta osservare ciò che accade ai reduci, militari o civili che siano, delle guerre del Golfo o dei Balcani o a chi sia scampato al crollo delle Torri Gemelle di New York e di quel crollo ha inalato le polveri. “Comunque prodotte”, ho scritto sopra a proposito di queste particelle che sono inorganiche, non biodegradabili e non biocompatibili. E l’ultimo aggettivo è sinonimo di patogenico. Il fatto, poi, che siano anche non biodegradabili, vale a dire che l’organismo non possieda meccanismi per trasformarle in qualcosa di eliminabile, rende l’innesco per la malattia “eterno”, dove l’aggettivo eterno va inteso secondo la durata della vita umana.


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Le particelle di cui si è detto hanno dimensioni piccolissime, da qualche centesimo di millimetro fino a pochi milionesimi di millimetro, e più queste sono piccole, più la loro capacità di penetrare intimamente nei tessuti è spiccata; tanto spiccata da riuscire perfino, in alcune circostanze e al di sotto di dimensioni inferiori al micron (un millesimo di m millimetro), a penetrare nel nucleo delle cellule senza ledere la membrana che le avvolge. Come questo accada sarà il tema di un incipiente progetto di ricerca europeo che vedrà coinvolto come coordinatore il nostro gruppo. Se è vero che la natura è una produttrice di queste polveri, e i vulcani ne sono un esempio, è pure vero che le polveri di origine naturale costituiscono una frazione minoritaria del totale che oggi si trova sia in atmosfera (atmosfera significa ciò che respiriamo) sia depositato al suolo, ed è pure vero che la loro granulometria media è, tutto sommato, relativamente grossolana.
È l’uomo il grande produttore di particolato, soprattutto quello più fine. Questo perché la tecnologia moderna è riuscita ad ottenere a buon mercato temperature molto elevate a cui eseguire le più svariate operazioni, e, in linea generale e a parità di materiale bruciato, più elevata è la temperatura alla quale un processo di combustione avviene, minore è la dimensione delle particelle che ne derivano.
A questo proposito, occorre anche tenere conto del fatto che ogni processo di combustione, nessuno escluso, produce particolato, sia esso primario o secondario.
Per particolato primario s’intende quello che nasce direttamente nel crogiolo, per secondario, invece, quello che origina dalla reazione tra i gas esalati dalla combustione (tra gli altri, ossidi di azoto e di zolfo) e la luce, il vapor d’acqua e i composti principalmente organici che si trovano in atmosfera.

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Tralascio qui del tutto il problema economico perché non rientra nell’argomento specifico, ma il bilancio energetico è fallimentare e, se non ci fossero le tasse dei cittadini a sostenere questa forma di trattamento dei rifiuti, a nessuno verrebbe mai l’idea di costruire impianti così irrazionali. Rimandando per un trattamento esaustivo dell’argomento ai numerosi testi che lo descrivono compiutamente, compresi i siti Internet dell’ARPA e di varie AUSL, la conclusione che qualunque scienziato non può che trarre è che incenerire i rifiuti è una pratica che non si regge su alcun razionale. Ma, al di là della scienza, il sensus communis del buon padre di famiglia che per i Romani era legge può costituire un’ottima guida. Usare i cosiddetti “termovalorizzatori” spacciandoli per un miglioramento tecnico, poi, non fa che peggiorare la situazione dal punto di vista del nanopatologo, ricorrendo questi a temperature più elevate. Perciò, una pratica simile non può essere in alcun modo presa in considerazione come alternativa per la soluzione del problema legato allo smaltimento dei rifiuti, se non altro perché i rifiuti non vengono affatto smaltiti ma raddoppiati come massa e resi incomparabilmente più nocivi.”

Stefano Montanari

Le immagini sono tratte dai testi di Stefano
Montanari:
• NANOPATHOLOGY AND
NANOSAFETY
• CHE COSA SONO LE
NANOPATOLOGIE?


per l'articolo completo clicca: http://www.nanodiagnostics.it/images/086-06.pdf

i numeri di Arpatnews sono disponibili su: http://www.arpat.toscana.it/news/

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Inviato da: Marco il Mercoledì, 17-Gen-2007, 15:42
L’INCENERIMENTO DEI RIFIUTI URBANI
È UNA SOLUZIONE INSOSTENIBILE NEL
VENTUNESIMO SECOLO

di Dott. Paul Connett - Professore di Chimica St. Lawrence
University, Canton, New York

Dal 1985 negli Stati Uniti più di 300 inceneritori di rifiuti urbani sono stati chiusi o bloccati. In quell’anno, la California aveva pianificato la costruzione di 35 impianti, di cui solo 3 sono stati costruiti. Sempre nel 1985, il New Jersey aveva progettato la costruzione di 22 inceneritori, ma ne sono stati costruiti solo 5; un sesto impianto previsto per la contea di Mercer è stato bloccato dopo molti anni di proteste, nel novembre 1996.
Dal 1994, è maggiore il numero degli impianti che sono stati dismessi di quelli che
sono stati attivati.
L’incenerimento non è una soluzione appropriata per lo smaltimento dei rifiuti nel XXI secolo.

Gli impianti sono spaventosamente costosi, e sono molto pochi i posti creati da questo investimento economico così imponente. D’altra parte, se la comunità rivolgesse i suoi sforzi nella direzione della raccolta differenziata, del riuso, del riciclo e del compostaggio, un gran numero di posti di lavoro verrebbero creati sia per gestire il processo di gestione dei rifiuti che nelle industrie manifatturiere che
riusano il materiale recuperato. Fortunatamente, le preoccupazioni della collettività sulle sostanze inquinanti rilasciate e su quelle che restano nei residui, così come sugli enormi costi economici del processo di incenerimento, quando vengono resi visibili, hanno ritardato moltissimo la costruzione di questi impianti. Se si evita di usare l’accattivante, ma ingannevole etichetta “energia da rifiuti”, risulta chiaro che questi impianti non vanno verso un futuro in cui la sostenibilità diventerà un fattore chiave per la sopravvivenza.
Dal mio punto di vista, quando si costruisce un inceneritore presso una comunità, si rende pubblico al mondo che non si è abbastanza intelligenti, sia politicamente che tecnicamente, da recuperare le proprie risorse scartate in modo responsabile verso la propria comunità locale e le generazioni future.
In altre parole, non è ragionevolmente possibile considerare l’incenerimento una cosa normale quando il pianeta non può essere in grado di sostenerlo. L’incenerimento non è una pratica sostenibile. Non ha senso spendere enormi quantità di denaro per distruggere risorse quando potremmo usarle in futuro.
Il processo di incenerimento sposta l’attenzione sulla parte sbagliata del problema.

per l'intero articolo ed altri simili: http://www.onon.it/rea/pagine/pdf/07maggio2006/ReA5_2006_14.pdf

Inviato da: Guest_marco il Mercoledì, 17-Gen-2007, 15:59
“Esiste un’alternativa agli inceneritori? Sì, i sistemi meccanico biologici”

Il professor Federico Valerio, direttore del Dipartimento di Chimica Ambientale dell'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, spiega perchè sulla questione rifiuti la miglior tecnica per il residuo non riciclabile sia il Trattamento Meccanico Biologico "a freddo" cioè senza combustione.

ReggioNelWeb.it n. 186 del 12/09/2006

Molti lettori hanno inviato mail in redazione chiedendo di approfondire ulteriormente il tema della gestione rifiuti e dell’alternativa agli inceneritori. Abbiamo pubblicato precedentemente le diverse posizioni di politici e amministratori locali sul tema. In questo numero ospitiamo l’opinione dell’esperto, il professor Federico Valerio direttore del Dipartimento di Chimica Ambientale dell'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova che ampliamente e dettagliatamente spiega le ragioni a favore di un metodo alternativo agli inceneritori (chiamati in Italia anche “termovalorizzatori”).

Il professori Soyez K. e Plickert S., dell’Università di Potsdam (Germania), sembrano non aver dubbi: i trattamenti Meccanico Biologici (MBT) sono tecnologie alternative all’incenerimento dei rifiuti. Questo è quanto affermato nel loro articolo, pubblicato nel 2003, sullo stato dell’arte dei sistemi di pretrattamento meccanico-biologici e sulle potenzialità dei trattamenti biologici dei rifiuti.

E i numeri sembrano dare loro ragione. Il Ministero dell’ambiente tedesco riporta che nel 2005, in Germania, erano operativi 64 impianti MBT con una capacità complessiva di trattamento pari a 6,1 milioni di tonnellate all’anno . Per fare un confronto, la stessa fonte riporta che in Germania, nello stesso anno, erano operativi 73 inceneritori, con una capacità complessiva di 17,8 milioni di tonnellate.

Quindi, se è vero che attualmente la Germania incenerisce più rifiuti di quanti ne bio-stabilizza con sistemi MBT, è anche vero che nel 2001 gli impianti MBT operanti in Germania erano solo 2, con una capacità di trattamento di 1 milione di tonnellate. Il crescente interesse sui sistemi MBT si coglie anche dal crescente numero di pubblicazioni tecniche e scientifiche su questo argomento. Ad esempio, la società di consulenza britannica Juniper ha effettuato un approfondito studio sugli impianti MBT operativi nel mondo e nel 2005 individuava, a livello mondiale, 27 aziende impegnate nella realizzazione di impianti MBT. I paesi di appartenenza di queste aziende sono i più vari: Spagna, Turchia, Australia, Israele, Germania, Olanda, Canada, Italia. Queste 27 aziende, al momento dello studio, avevano realizzato 80 impianti MBT, con una potenzialità complessiva di 8,5 milioni di tonnellate/anno e nei loro programmi c’erano altri 43 impianti da realizzare entro il 2006 che porteranno la capacità di trattamento rifiuti, con i loro 143 impianti MBT, a 13 milioni di tonnellate.

Per dare una dimensione a questo fenomeno citiamo la stessa Juniper che nel 2000, censiva in Europa 269 inceneritori con una capacità di trattamento di 47,3 milioni di tonnellate. Il crescente interesse per i sistemi di trattamento meccanico biologico dei rifiuti, che sta coinvolgendo anche Inghilterra, Stati Uniti, Cina, deriva dall’alta flessibilità di questi impianti, dai tempi di realizzazione estremamente brevi (18-24 mesi), dai costi di investimento e gestione assolutamente competitivi, rispetto alla "termovalorizzazione

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Federico Valerio

Direttore dl Dipartimento di Chimica Ambientale dell'istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro-Genova

Per l'intero articolo: http://www.reggionelweb.it/articolo.asp?file=a186fedvalerio.xml




Inviato da: Guest_marco il Mercoledì, 17-Gen-2007, 16:49
PASSATO E FUTURO DEGLI INCENERITORI.

di Federico Valerio, Medici per l’Ambiente Genova


Chi sostiene che gli inceneritori siano la risposta più diffusa nei paesi moderni, per risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti urbani, dovrebbe conoscere e meditare sull’esperienza degli Stati Uniti.

Anche nel campo dell’incenerimento dei rifiuti gli Stati Uniti sono stati dei precursori, come in molti altri settori.

Già alla fine degli anni ‘30, circa 70 città americane utilizzavano impianti di incenerimento. Dopo la seconda guerra mondiale, l’uso di inceneritori aumentò, con la tendenza a realizzare impianti di maggiore capacità, tuttavia le tecnologie utilizzate, pur adeguate ai tempi, ponevano scarsa attenzione all’efficienza della combustione e alla riduzione dell' emissioni inquinanti.

Alla fine degli anni ‘70, gli inceneritori statunitensi adottavano sistemi "moderni" per l’abbattimento degli inquinanti (precipitatori elettrostatici, filtri a maniche) ma, contemporaneamente, studi più attenti dimostravano come le ceneri emesse da questi impianti contenessero quantità rilevanti di metalli tossici (piombo, cadmio, mercurio). Fu così necessario introdurre più efficienti impianti di abbattimento che, alzando i costi, rendevano meno vantaggioso, dal punto di visto economico, la costruzione di nuovi impianti. Questa situazione fu la causa di una progressiva chiusura di questo tipo di impianti: nel 1965 , negli Stati Uniti, erano operanti 289 inceneritori; circa dieci anni dopo , nel 1974, si potevano contare solo 114 impianti (1).

Nei quindici anni successivi la situazione non dava segni di miglioramento. Infatti, nel 1990, risultavano in funzione 140 inceneritori, con una capacità di incenerimento di 92.000 tonnellate di rifiuti al giorno. Tuttavia, tra il 1982 e il 1990, 248 progetti di inceneritori (con una capacità complessiva di trattamento pari a114.000 tonnellate al giorno) erano cancellati. E, se nel 1990 l'EPA prevedeva che nel 2000 gli Stati Uniti avrebbero incenerito il 26 % dei loro rifiuti, nel 1992 la stessa Agenzia abbassava la stima al 21 %. Nei fatti, il mercato degli inceneritori statunitensi mostrava andamenti anche peggiori delle previsioni; infatti, nel 1997, le statistiche verificavano che gli inceneritori avevano trattato solo il 16 % dei rifiuti prodotti in questo paese, a fronte del 35 % di rifiuti avviati al riciclaggio, tecnica di smaltimento in forte e costante crescita, come confermano i più aggiornati obiettivi fissati da numerosi stati federali: riciclare il 50% dei propri materiali post consumo, entro il 2000 (http://www.epa.gov/epaoswer/non-hw/muncpl/factbook/).

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E' significativo che nello stesso anno, a Sydney, il trattamento dei rifiuti prodotti dal grande villaggio costruito per i giochi olimpici si é basato solo su raccolta differenziata, riciclaggio e compostaggio, effettuati in un apposito centro di trattamento realizzato ai margini del Parco Olimpico, un mirabile esempio di cittadella dello sport realizzata seguendo le nuove regole della sostenibilità e del basso impatto ambientale.

Insomma, nonostante i numerosi ed agguerriti padrini nostrani, tutto fa prevedere che gli inceneritori non abbiano futuro


Per l'intero articolo: http://www.vasonline.it/forum/inceneritori/valerio.htm

Inviato da: AlbertoC67 il Martedì, 30-Gen-2007, 13:33
QUOTE (Guest_marco @ Jan 17 2007, 04:49 PM)
PASSATO E FUTURO DEGLI INCENERITORI.

di Federico Valerio, Medici per l’Ambiente Genova


Per l'intero articolo: http://www.vasonline.it/forum/inceneritori/valerio.htm



Ieri sera 29 gennaio al TG3 ore 19.23 il sorriso della bionda giornalista annunciava un idilliaco articolo sull'inceneritore di Brescia premiato da un'università americana e vantava il basso costo della corrente prodotta.
"Per farlo funzionare bene bisogna però praticare una corretta raccolta differenziata dei rifiuti..."
e pensare che io credevo di farla perchè venissero riciclati.

Sono rimasto schifato di fronte a tanta DISINFORMAZIONE proprio dopo un articolo che ci parlava dell'effetto serra.
A me risulta che gli inceneritori siano antieconomici ed emettano Co2 in quantità oltre a tutto il resto.
Continuerò ad effettuare la raccolta differenziata e a firmare petizioni una dietro l'altra.

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